La bohème
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La bohème

Opera in quattro quadri. Musica di Giacomo Puccini.
Libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica dal romanzo Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger.
Prima rappresentazione: 1 febbraio 1896, Teatro Regio, Torino

Mimì Sarah Tisba (6/11), Adriana Iozzia (7/11)
Rodolfo Valerio Borgioni (6/11), Matteo Desole (7/11)
Musetta Greta Doveri
Marcello Luca Galli
Colline Rocco Cavalluzzi
Schaunard Paolo Ingrasciotta
Benoît/Alcindoro Matteo Peirone    

Direttore Giovanni Di Stefano

Regia Renata Scotto

Scene Michele Olcese
Costumi Concetta Nappi
Luci Andrea Tocchio

Maestro del coro AsLiCo Massimo Fiocchi Malaspina
Maestro del coro voci bianche Liana Saviozzi

Coro AsLiCo
Coro di bambini della Dna Musica di Savona
Orchestra Sinfonica di Savona 

in coproduzione con Teatro dell’Opera Giocosa di Savona 

 

 

La bohème, quarto titolo composto da Giacomo Puccini, e andato in scena per la direzione d’orchestra e concertazione dell’allora ventinovenne Arturo Toscanini, in prima assoluta al Teatro Regio di Torino il 1° febbraio 1896, ritorna al Teatro Sociale di Como sabato 6 novembre (ore 20.30) e domenica 7 novembre (ore 15.30) 2021, per la regia di Renata Scotto e la direzione d’orchestra affidata a Giovanni Di Stefano, a condurre l’Orchestra Sinfonica di Savona, mentre il Coro di OperaLombardia è diretto da Massimo Fiocchi Malaspina, una coproduzione con il Teatro dell’Opera Giocosa di Savona, per le scene affidate a Michele Olcese, i costumi di Concetta Nappi, le luci di Andrea Tocchio. Tra gli interpreti alcuni finalisti e vincitori delle ultime edizioni del Concorso AsLiCo per Giovani Cantanti Lirici, già avviati ad una carriera brillante.

La regia è seguita dalla grazia e dall’esperienza di Renata Scotto, vincitrice a suo tempo del Concorso AsLiCo: «Per me tornare alla Bohème da regista (dell’opera di Puccini ho già fatto delle produzioni negli Stati Uniti) è bellissimo perché è un modo per rivedere la tua produzione per intero. Se io, sul palcoscenico, cercavo sempre di cantare ‘ai’ miei colleghi, come regista ho dovuto invece cambiare prospettiva e ‘cercare’ i miei compagni. Sono stata sia Mimì che Musetta, quest’ultimo ruolo al Metropolitan di New York, su richiesta di James Levine. E anche mia, a dire il vero. Quando espressi il desiderio al direttore, mi disse soltanto: ‘Ok, quando?’. Sono legata a entrambi i personaggi perché uno ‘guarda’ l’altro. Musetta è innamorata di Mimì perché Mimì è dolce, mentre, allo stesso tempo, quando Mimì vede Musetta le vuole bene perché è bella, appariscente e piena di vitalità. Sono due aspetti totalmente diversi della femminilità che mi facevano amare ogni volta di più entrambi i ruoli.»

I quattro quadri, su libretto di Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, sono tratti da Scènes de la vie de Bohème di Henri Murger, romanzo, o meglio antologia di racconti, del 1851, che narra la vita scapigliata di giovani artisti, residenti nel Quartiere Latino di Parigi nel 1840 (le didascalie di Puccini retrodatano la vicenda al 1830). Il Corsaro o il Castoro? Sulla rivista il Corsaro uscirono realmente alcuni episodi dalla penna di Murger, il Castoro è invece il committente per cui, la sera della Vigilia di Natale, Rodolfo, il poeta della storia, deve finire l’articolo di fondo, poi sorpreso e distratto dall’arrivo di Mimì.

L’opera è mimesi fedele, dalle pennellate naturaliste, di uno spaccato di vita assolutamente veritiero e non edulcorato, dove protagonisti della vicenda non sono più dèi ed eroi d’epoche lontane, o appartenenti a famiglie aristocratiche (il Viscontino, mera comparsa, priva di voce, risulta solo una macchietta, a mala pena citata), ma sono attinti dalla gente comune, ritratti nei loro drammi quotidiani o in scene tragicomiche (come quella ad esempio legata al primo atto e all’affitto da pagare al Signor Benoît), o ancora in atteggiamenti larmoyants.

Al Teatro Sociale di Como arrivò lo stesso anno, il 26 agosto 1896 (sul podio Vittorio Maria Vanzo, nel cast Angelica Pandolfini, Rosina Storchio, Umberto Beduschi, Mario Sammarco, Francesco Federici, Dante Bolis, Paolo Wulman), non a caso a pochi mesi dal debutto torinese: l’opera di Puccini, frutto di una gestazione durata tre anni (dal 1893 al 1895), venne in parte composta a Milano ed in parte in Toscana, e cita aspetti autobiografici degli anni trascorsi in Brianza con Elvira.

«Cara Topisia,
ricordi quei giorni con Tonio appena nato, con Fosca piccola che tu non sapevi più cosa fare per farla smettere di piangere? Quel rigido inverno che ci faceva battere i denti? Quelle lunghe notti in cui tutt’e quattro dormivamo nel letto grande per scaldarci? Bei tempi quelli! Indimenticabili, quando pareva che tutta la vita ci sorridesse intorno e il mondo fosse tutto bello. Ho nostalgia di quei giorni così gelidi ma mai più così caldi
(Lettera di Giacomo Puccini ad Elvira, Miano 15 gennaio 1896).

Pochi mesi dopo (il 6 maggio 1897) andò in scena al Teatro La Fenice di Venezia La Bohème di Ruggero Leoncavallo, che ne curò anche il libretto, esito di una sfida tra i due compositori sul medesimo soggetto, in cui però l’autore napoletano non poté assurgere agli stessi allori di Puccini.

 

domenica, 31 ottobre – ore 11.00
Aspettando … La Bohème
con Marco Targa

 

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