In Nomine Domini 1764… III Edizione
In Nomine Domini 1764… III Edizione

In Nomine Domini 1764… III Edizione

 

La Società dei Palchettisti festeggia il suo 260° compleanno. Nata infatti nel 1764 con un atto del Notaio Gorini, la Società dei Palchettisti ha organizzato l’attività teatrale nel Palazzo del Broletto, prima di far nascere nel 1813 il Teatro Sociale come oggi lo conosciamo.

Festeggia il compleanno, insieme al suo partner istituzionale AsLiCo, lanciando un’idea: restaurare il vecchio organo “nascosto” dietro il sipario, a destra del palcoscenico.

Il programma dell’evento ci riporterà agli anni d’oro della produzione per organo con un quartetto specializzato nello stile galante luminoso del XVIII secolo: il quartetto “Alla maniera italiana” con il clavicembalista solista Daniele Rocchi suonerà musiche di J. S. Bach, di L. Van Beethoven e del Maestro di Cappella della cattedrale cittadina F.P. Ricci.

In attesa…di sentire nuovamente dal vivo la musica dell’antico organo di palcoscenico!

 

Costo biglietto € 20,00, in vendita da martedì 28 maggio alle ore 10.00

 

 

Concerto di musica classica del Quartetto “Alla Maniera Italiana” con musiche di J.S. Bach, P.F. Ricci e L. Van Beethoven.

Tre compositori, tre generazioni diverse, cultura europea condivisa: suono tedesco ed italiano in equilibrio tra fama ed oblio.

J. S. Bach (Eisenach, 1685 – Lipsia, 1750)
Contrappunto I e Contrappunto III da L’Arte della Fuga BWV 1080

F. P. Ricci (Como, 1732 – Loveno di Menaggio, 1817)
Quartetto Op.8 n.5 in sol maggiore
Grazioso
Minuetto. Tempo giusto
Andante

J. S. Bach
Concerto per cembalo BWV 1053 in mi maggiore
Senza indicazione di tempo
Siciliano
Allegro

L. Van Beethoven (Bonn, 1770 – Vienna, 1827)
Quartetto Anhang 2 n.1 in do maggiore
Allegro maestoso
Adagio
Rondo

Fili rossi

Un compleanno da festeggiare, un organo, per ora non più funzionante, da disvelare, tre autori, un quartetto e un clavicembalista: ecco come questi elementi si legheranno fra loro, attraverso rimandi interni ed esterni. Ovvero: tre compositori, tre generazioni diverse, cultura europea condivisa. Suono tedesco ed italiano in equilibrio tra fama ed oblio.

Johann Sebastian Bach (Eisenach, 1685 – Lipsia, 1750) è il compositore che ha portato la tecnica del contrappunto alle sue vette più elevate e, fra le sue opere, quella che maggiormente incarna questo suo genio contrappuntistico è L’Arte della fuga, (Die Kunst der Fug BWV 1080). Scritta negli ultimi anni di vita, rimasta per questo incompiuta, non prevede un organico particolare. Raccoglie composizioni a canone e a fuga di ogni specie, eseguibili da qualsiasi strumento o gruppi di strumento. Il quartetto Alla maniera italiana, aprirà il concerto con due brani tratti da quest’opera: il Contrappunto I e il Contrappunto III che potranno diventare, un domani non troppo lontano, i primi brani eseguiti dall’Organo restaurato: quale filo rosso – auspicio migliore si potrebbe gettare?

Ancora: Bach ha composto tantissima musica e non ebbe eguali nella padronanza della tecnica compositiva, sperimentandosi in tutti i generi, eccettuata l’opera. Nonostante questo, in vita godette di grande fama, più che come compositore, come organista: i costruttori di organi ricorrevano spesso ai suoi consigli. Chissà cosa direbbe oggi ai restauratori dell’Organo del Teatro … sicuramente di ridare velocemente nuova vita alle 39 canne e ai 58 tasti per eseguire il copioso repertorio da lui scritto anche per questo strumento: molti preludi e fughe, toccate, fantasie, 6 Sonate tripartite. Le opere più significative composte da Bach per organo sono, però, i Corali, basati su inni luterani o su melodie gregoriane. Ne ha scritti circa 170 … tutti spunti per il futuro.

Di più: Bach fu, in vita, assai meno conosciuto come autore che come organista, anche perché gran parte della sua musica fu scritta per adempiere ai doveri del suo ufficio, come le 250 Cantate sacre, le 2 Passioni (Secondo San Giovanni e Secondo San Matteo) o le

50 Cantate profane, oppure destinata ai suoi familiari, come la serie di concerti per cembalo composti a partire dal suo trasferimento a Lipsia. Il secondo brano di Bach che il quartetto Alla maniera italiana eseguirà, cioè il Concerto per cembalo BWV 1053 in mi maggiore, al cembalo solista il maestro Daniele Rocchi, è uno di questi. Esso è allo stesso tempo qualche cosa di assolutamente nuovo all’interno della storia della musica ma anche di già sentito. Risale all’epoca in cui Bach, trasferitosi a Lipsia avendo ottenuto il posto di Cantor nella scuola di S. Tomaso (1723), ricoprì anche l’incarico di dirigere il Collegium Musicum, l’associazione concertistica della città. Il Collegium diede a Bach la possibilità di alternare la composizione di musica liturgica per la Thomasschule (impegno assolto a volte come dovere d’ufficio) con la libera creazione di lavori strumentali destinati alla sua piccola orchestra di appassionati. Tutto questo grande fervore compositivo portò Bach a sperimentare per la prima volta nella storia della musica, ad eccezione del Quinto Concerto Brandeburghese (1720 ca.) il clavicembalo come strumento solista, conferendo al semplice e seminascosto realizzatore del basso continuo, un prestigio ed un ruolo superiori a quelli degli altri strumenti dell’orchestra. Questo l’assolutamente nuovo, il già sentito riguarda il fatto che, tranne quello in do maggiore per due clavicembali BWV 1061, i concerti per clavicembalo di Bach non sono composizioni originali, ma rielaborazioni di pezzi originariamente concepiti per strumenti melodici, come il violino, il flauto o l’oboe, di cui conosciamo l’esistenza solo grazie alle loro trascrizioni cembalistiche. E’ un dato di fatto che Bach, lungo tutta la sua vita compositiva, sia spesso ricorso a prestiti dalle sue stesse opere. Il Concerto in mi maggiore per clavicembalo e archi BWV 1053 non è da meno, era già stato eseguito in altre vesti ben due volte: deriva da un precedente concerto per oboe o per flauto che era a sua volta già stato utilizzato da Bach, con organo obbligato, in due cantate precedenti, la BWV 169 e la BWV 49.

In mezzo ai due brani di Bach, Francesco Pasquale Ricci (Como, 1732 – Loveno di Menaggio, 1817), Quartetto Op.8 n.5 in sol maggiore, compositore e brano sicuramente molto meno conosciuti rispetto ai precedenti ma per Como, l’organo del Teatro e i festeggiamenti, molto preziosi. Francesco Pasquale Ricci fu musicista, sacerdote, insegnate di musica e compositore, comasco, è ‘uno di noi’. Nacque in una famiglia di commercianti benestanti e si dedicò agli studi letterari e musicali a Milano. Nel 1758 venne ordinato sacerdote e, grazie a questa nomina, divenne Maestro di Cappella della Cattedrale di Como. Successivamente viaggiò parecchio in tutta Europa, in Germania, Olanda, Francia, Inghilterra, Belgio e Svizzera, svolgendo attività concertistica come cembalista ed organista, conquistando anche una buona fama come compositore. Assieme a Johann Christian Bach, Ricci fu co-autore di un metodo pianistico. Ritornato a Como nel 1780, continuò ad essere attivo in tutte le chiese del centro cittadino componendo parecchia musica sacra. Morì nel 1817. Tutti i suoi beni ereditati e i possedimenti familiari vennero lasciati in eredità all’ospedale Sant’Anna di Como; invece il Museo Giovio ospita il suo fortepiano. Il quartetto Op 8 n.5 in sol maggiore che sarà eseguito dal quartetto Alla maniera italiana, è esempio di stile galante europeo, quello stile che fa dell’eleganza, della sontuosità, degli ornamenti e delle raffinatezze la propria ragione d’essere. Niente di più indicato per festeggiare un compleanno. Con Ricci, il filo rosso passa di nuovo attraverso l’organo e il clavicembalo, si allunga su Christian Bach e abbraccia il motivo del compleanno, fino ad arrivare agli esecutori: il quartetto Alla maniera italiana ha inciso, per l’etichetta discografica Urania Records, l’Integrale dei Quartetti di Francesco Pasquale Ricci.

E veniamo all’ultimo brano del concerto, l’autore del quale ha uno spessore capace di fare impallidire tutta quanta la storia della musica mondiale. Si tratta di Ludwig van Beethoven (Bonn, 1770 – Vienna, 1827), del quale il quartetto Alla maniera italiana eseguirà il Quartetto Anhang 2 n.1 in do maggiore. Di questo gigante, quindi, forse l’unica opera semi-sconosciuta ed eseguita forse una sola volta al mondo, il cui manoscritto ha conosciuto una storia travagliatissima. Siamo nel 1790, Beethoven ha 20 anni e realizza una silloge di Sei Quartetti che poi decide di non dare alla stampa. Oggi è presentata nel catalogo delle opere beethoveniane come “appendice”, precisamente indicata come Anhang 2. Il Quartetto Anhang 2 n.1 in do maggiore svela un lato ancora sconosciuto di ciò che poteva avere nella mente un giovane compositore destinato a fama imperitura. Questa esecuzione funge da firma del quartetto, più che da firma dell’autore. Vuole essere l’esemplificazione della marca distintiva del quartetto Alla maniera italiana, che lavora per esplorare il grande repertorio cameristico del XVIII e XIX secolo, che vede in Haydn, Mozart e Beethoven gli esponenti di maggior pregio, con una visione storicamente informata. I suoi componenti, Giacomo Coletti e Stefano Raccagni – violini, Alessia Menin viola e Anna Camporini violoncello, utilizzano, infatti, copie di strumenti originali, spartiti autografi o prime edizioni ove possibile, e rivolgono una speciale attenzione agli autori minori e alle partiture inedite o di recente riscoperta. Devono il proprio nome a Bach, in riferimento alla sua composizione per tastiera Aria Variata Alla Maniera Italiana in la minore BWV 989. Suonano su corde di budello, il cui timbro si riallaccia alle corde del clavicembalo, che tanta strada ha percorso, nella storia della musica, insieme all’organo che non smetterà nemmeno un istante di brillare al centro di ciascuno dei brani che saranno eseguiti, in un caleidoscopio gioco di rimandi e di fili rossi.

Quartetto Alla Maniera Italiana
esecuzione su strumenti storici
Giacomo Coletti – violino
Stefano Raccagni – violino
Alessia Menin – viola
Anna Camporini – violoncello

Il nostro quartetto nasce dalla condivisa volontà di esplorare il grande repertorio cameristico del XVIII e XIX secolo, che vede in Haydn, Mozart e Beethoven gli esponenti di maggior pregio, con una visione storicamente informata.
Utilizziamo infatti copie di strumenti originali, spartiti autografi o prime edizioni ove possibile, e rivolgiamo una speciale attenzione agli autori minori e alle partiture inedite o di recente riscoperta.
A tal proposito, infatti, nel novembre del 2020, l’etichetta discografica Urania Records ha pubblicato il nostro Integrale dei Quartetti del compositore comasco Francesco Pasquale Ricci come world premiére ed abbiamo in programma un’altra registrazione in world première ma questa volta con la raccolta di 6 Quartetti di uno dei giganti del classicismo in febbraio 2025.
Il nostro percorso musicale ci ha portato a voler rendere omaggio al grande compositore Johann Sebastian Bach, con il riferimento nel nome stesso del nostro quartetto alla sua composizione per tastiera “Aria Variata Alla Maniera Italiana” in la minore BWV 989.
Per la realizzazione di concerti e registrazioni ci avvaliamo del materiale presente negli archivi di prestigiosi organismi e istituzioni internazionali di ricerche musicali e musicologiche quali L’Archivio della Sinfonia Milanese e il Centro di Ricerche Musicali lvbeethoven.it
La nostra idea musicale ha tratto ispirazione dal confronto con grandi Maestri quali H. Beyerle, A. Moccia, il Quartetto di Cremona, C. Coin. Abbiamo sede a Como e siamo inseriti nella rete de Le Dimore del Quartetto.

L’ORGANO DEL TEATRO SOCIALE
Silenzioso fino a quando non lo si restaurerà, giace placido e sornione, alle spalle del palco, nascosto a chi siede in platea ma ben visibile a chi il palco lo ‘cavalca’, un bellissimo organo. Si trova dietro il sipario, a destra del palcoscenico, su un soppalco che sovrasta la scena. Si tratta di un organo fermo da tantissimi anni, costruito dalla Ditta Balbiani di Milano nel 1934. E’ un vero gioiello: due tastiere a trasmissione pneumatico-tubolare, una cassa lignea indipendente dalla struttura muraria, 39 canne in zinco verniciato disposte in 3 cuspidi, con la cuspide centrale sopra elevata rispetto alle due cuspidi laterali, 58 tasti (Do1-La5), tasti diatonici ricoperti di galatite, tasti cromatici in ebano, pedaliera concavo radiale, 30 pedali (Do1-Fa3), registri comandati da levette al di sopra delle quali è presente una targhetta circolare in porcellana con bordo dorato recante il nome del registro corrispondente. Nel catalogo delle opere di questa celeberrima dinastia di organari milanesi sono presenti, oltre all’organo del Teatro Sociale di Como, altri organi destinati ad alcuni teatri italiani: due organi per il Teatro alla Scala di Milano, realizzati rispettivamente nel 1887 e nel 1922, l’organo per il Teatro dal Verme di Milano (1908), l’organo per il Teatro Comunale di Bologna (1924) e l’organo per il
Teatro Reale dell’Opera di Roma (1928).
Tra le realizzazioni degli organari Balbiani, anche l’organo della Cattedrale di Como, realizzato nel 1932.

(fonte: Impresa di restauro Colzani Organi snc di Como).

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