La traviata

La traviata

Melodramma in tre atti. Musica di Giuseppe Verdi. Libretto di Francesco Maria Piave, dal dramma La dame aux camélias di Alexandre Dumas figlio.
Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 6 marzo 1853
Adattamento musicale Enrico Minaglia

Violetta Valéry Elena Monti
Flora Bervoix Lara Rotili
Annina Bianca Tognocchi
Alfredo Germont Davide Giusti
Giorgio Germont Valeri Turmanov
Gastone Saverio Pugliese
Il Barone Douphol Mirko Quarello
Il Marchese D’Obigny Daniele Piscopo
Il Dottor Grenvil Marian Reste

Direttore
Francesco Pasqualetti

Regia
Fabio Ceresa

Scene Nicolas Bueno Belmonte
Costumi Alessandro Lanzillotti
Light designer Matteo Discardi
Coreografie Milena Bisacco

Maestro del coro Antonio Greco

Orchestra 1813
Ensemble corale AsLiCo

Nuovo allestimento

Produzione AsLiCo

 

contro ogni ragionevolezza

Vi propongo un piccolo gioco. Immaginate per un attimo che la trama de La signora delle camelie sia una storia di cronaca attuale.
Un paesotto della provincia, un ragazzo sano e onesto, cresciuto con affetto da un padre laborioso e da una madre che in punto di morte ha la soddisfazione di donare il lavoro di tutta la sua vita (una piccola rendita annuale) al figlio in modo che possa provare a realizzare il suo sogno: trasferirsi nella più grande metropoli del mondo in cerca di fortuna. E questo bel ragazzo, catapultato improvvisamente tra il lusso più sfrenato, feste da capogiro, fortune di cui a malapena comprende l’entità, che combina? Anziché lavorar sodo e metter a frutto i sacrifici dei genitori, perde la testa per la Escort più in voga e pagata del momento, anzi fa di meglio, va a convivere con lei… Il Padre ovviamente corre a tentar di far tornare in sé il ragazzo, e soprattutto corre a scacciare di casa la famosa Escort, che porta disonore e vergogna a tutta la famiglia.
È sufficiente specificare la zona di provincia (ovviamente… la Provenza) e il nome della grande metropoli, magari capitale mondiale del lusso (ovviamente Parigi) per ritornare alla storia ideata da Dumas da cui Traviata deriva. Solo che in quest’ottica di cronaca ci riesce difficile non simpatizzare per il padre… che fa ciò che probabilmente ogni padre avrebbe fatto in quelle circostanze: usare ogni mezzo per redimere il figlio e la reputazione della famiglia.
Eppure contro ogni ragionevolezza – come abbiamo appena dimostrato – da sempre la simpatia e compassione dello spettatore va verso la coppia di amanti… sarà forse e solamente a causa della fine tragica della loro storia?
Arrivati a quest’apparente impasse, ci viene in soccorso insperato niente di meno che Aristotele, il quale apre la sua Poetica con una definizione tanto semplice quanto illuminante di cosa è Commedia e cosa è Tragedia. Aristotele ci sorprende dicendo che si ha Commedia ogni volta che si rappresenta o imita una persona peggiore rispetto alla realtà attuale, si ha invece Tragedia quando si rappresenta o imita una persona migliore rispetto alla realtà attuale. Definizione tanto più sorprendente per noi poiché svincola totalmente il termine Tragedia da lutti, morti e sofferenze cui è comunemente associato, per legarlo esclusivamente alla levatura morale dei protagonisti.

Se Traviata è una Tragedia, ne consegue che Violetta e Alfredo sono persone migliori di quelle che s’incontrano nella realtà di tutti i giorni. Sembra un discorso cosi semplicistico… ma perché migliori? Migliori di cosa? Non è forse migliore l’orgogliosa e pratica ragionevolezza di Germont padre?
O forse sono migliori proprio perché nonostante ogni ragionevolezza, contro il grido della società che urla confusamente tra decenza, decoro ed edonismo, sono tuttavia in grado di farsi trascinare completamente da una forza cosmica di altra levatura?
E parlo di forza cosmica a ragion veduta… è proprio Alfredo che la riconosce come tale, dichiarando di amare Violetta «… di quell’amor che è palpito dell’universo intero».
Non a caso Verdi pone un culmine, forse il culmine tragico dell’opera sulle parole «Amami Alfredo, amami quant’io t’amo». È questo amore, radicale e profondo, in grado di sradicare ogni altra cosa, l’oggetto e lo sfondo implicito di ogni nota e di ogni parola di Traviata. Ed alla fine ci viene quasi da pensare che in fondo in fondo neanche Violetta e Alfredo siano in realtà i veri protagonisti di questa storia, ma che siano soltanto gli strumenti attraverso cui si manifesta una potenza cosmica inspiegabile, in grado di piegare tutte le regole di ragionevole opportunità della società civile, e di far impallidire d’un colpo tutte le gioiose follie edonistiche che lusso e ricchezza possono comprare, di cui l’uomo è al tempo stesso vittima, strumento, mezzo e fine: l’Amore.

 

Francesco Pasqualetti

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