Settanta volte sette

Settanta volte sette

Drammaturgia originale Controcanto Collettivo

con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti, Andrea Mammarella,
Emanuele Pilonero, Clara Sancricca

Ideazione e regia Clara Sancricca
Voce fuori campo Giorgio Stefanori
Scenografia Controcanto Collettivo con Antonia D’Orsi
Costumi Francesca Di Giuliano
Disegno luci Cristiano Di Nicola

Produzione Progetto Goldstein

con il sostegno di Straligut Teatro, Murmuris, ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo, Verdecoprente Re.Te. 2017

Scalda il cuore quando a teatro ti trovi di fronte a uno spettacolo intenso e commovente, interpretato
per di più da un gruppo di giovani, che riescono a creare una vera e propria partitura emozionale
attraverso una drammaturgia calibrata in ogni suo aspetto, in grado di entrare delicatamente,
in modo profondo, nei comportamenti spesso contrastanti dell’essere umano.”
Mario Bianchi, Krapp’s Last Post

Nessun moralismo e nessun compiacimento, ma un racconto che stringe la gola e il cuore. E se
produce una lacrima non furtiva, sarà da annotare tra i rari primati della scena di oggi. Non quella
religiosa né laica. Quella che non rinuncia ancora al senso e all’emozione.”
Gianfranco Capitta, Il Manifesto

 

Settanta volte sette affronta il tema del perdono e della sua possibilità nelle relazioni umane, raccontando la vita di due famiglie i cui destini s’incrociano in una sera.
Racconta del rimorso che consuma, della rabbia che divora, del dolore che lascia fermi, del tempo che sembra scorrere invano. Eppure racconta anche la possibilità che il dolore inflitto e il dolore subito parlino una lingua comune, che l’empatia non sia solo un’iperbole astratta e che l’essere umano, che conosce il contagio del riso e del pianto, dietro la colpa possa ancora riconoscere l’uomo.

Note di regia
di Clara Sancricca

Con Settanta volte sette il nostro collettivo affronta il tema del perdono e della sua possibilità nelle relazioni umane.
Nella sua gloriosa storia questo concetto ci sembra essere giunto ad un inglorioso epilogo, che lo vede soccombere alla logica – attualmente vincente – della vendetta. Un tempo ritenuto il punto di arrivo di un percorso destinato a pochi spiriti eletti, appare oggi, nell’opinione comune, come il rifugio dei più codardi e la scappatoia dei meno arditi, in una società che riconosce e accorda alla
vendetta il primato nella risoluzione dei torti e dei conflitti. Chi perdona sembra sminuire il torto, giustificare l’offesa, mancare di rispetto alla vittima, farsi complice del colpevole.
Eppure il perdono protesta per innescare pensieri diversi, per aprire a logiche nuove; protesta contro l’assunto che al male vada restituito il male. Ci ricorda che dentro la ferita, dentro la memoria del male subito e al di là di ogni convenienza, esiste la possibilità di un incontro. E che questa possibilità non ci sfida dall’alto dei cieli, ma è concreta, laica e umana.

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