Gli allievi del Conservatorio di Como suonano Claude Debussy e Maurice Ravel in occasione del compleanno della Società dei Palchettisti.
La Società Palchettisti del Teatro Sociale di Como, anche quest’anno, organizzerà insieme ad AsLiCo, in occasione del “compleanno” della Società, nata con Atto Notarile del 07/06/1764, un concerto da camera nella Sala Bianca del Teatro. Si esibiranno gli allievi del Conservatorio “G. Verdi” di Como. Il concerto si terrà mercoledì 07 giugno con inizio alle ore 18.00 e sarà preceduto, alle ore 17.00, da una presentazione a cura degli stessi allievi del Conservatorio.
In Nomine Domini, 1764, Indictione 12, die Jovis, 7 Mensis Junii. Essendo che dagli Illustrissimi Signori Marchese Don Giorgio Porro Carcano a nome anche di altri Compagni…”… è l’incipit dell’atto del Notaio Gorini in Como con il quale il 7 giugno 1764 si costituisce la Società dei Palchettisti. Dapprima prese in gestione dal Governo austriaco il Broletto cittadino per farne un Teatro, poi, nel 1813, in epoca napoleonica, costruì l’odierno Teatro Sociale sui resti del vecchio Castello della Torre Rotonda. Ancora oggi esiste la stessa Società dei Palchettisti proprietaria del Teatro, che quindi quest’anno festeggia insieme alla città il suo 259esimo compleanno.
Circa un secolo dopo la sua costituzione, nascevano Claude Debussy (1862) e Maurice Ravel (1875) che gli allievi del Conservatorio suoneranno per questa festa cittadina.
Di Claude Debussy verrà proposto Dance sacrèe et Dance profane, un concerto per arpa ed archi composto nel 1904, per coincidenza l’anno della completa ristrutturazione della Sala Bianca che ospita il concerto. Verrà proposto l’unico Quartetto per archi composto da Debussy, giovane, all’età di 31 anni, nel 1893.
Di Maurice Ravel verrà proposto Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi composto da Ravel all’età di 30 anni, nel 1905, quindi quando ancora era un giovane musicista.
“Sono proprio i giovani i protagonisti di questa edizione del Compleanno dei Palchettisti”, precisa Claudio Bocchietti Presidente della Società Palchettisti. “Il Teatro Sociale di Como è sempre stato vicino ai giovani artisti e vuole essere vicino al Conservatorio della propria città, l’università della musica, un’eccellenza in cui si sono formati grandi artisti e che nel giorno del compleanno della Società Palchettisti regalerà alla Città un concerto di giovani talenti che vanno incoraggiati e sostenuti e a cui facciamo un grande in bocca al lupo!”.
La Società Palchettisti ringrazia AsLiCo nella persona della Presidente Simonetta Roveda per il rapporto di collaborazione nella gestione del teatro. Questo concerto è l’esempio concreto di sinergia organizzativa e di intenti. Ecco le parole di Simona Roveda, Presidentessa di Aslico: “Siamo molto felici di celebrare questo nuovo anniversario della Società dei Palchettisti, ancora una volta al loro fianco. AsLiCo e i Palchettisti lavorano in sinergia per fare in modo che il Teatro Sociale di Como sia il teatro della città, dove tutti i cittadini possono trovare eventi che soddisfino il proprio interesse, offrendo sempre spettacoli di alta qualità, come questo concerto del 7 giugno organizzato insieme al Conservatorio cittadino. Cogliamo l’occasione per ringraziare i Palchettisti per il loro continuo sostegno nella Stagione Notte e nel Festival Como Città della Musica e auguriamo tanti altri festeggiamenti ai padroni di casa.”
La Società Palchettisti ringrazia inoltre il Conservatorio di Como nella persona del Direttore Vittorio Zago per la disponibilità relativa all’organizzazione del concerto, certi che tale evento andrà a rafforzare i legami tra le realtà coinvolte. Queste le parole del maestro Zago: “Il Conservatorio di Como è onorato dell’invito della Società dei Palchettisti e, nell’aderire al prestigio dell’occasione, presenta uno dei programmi più raffinati di tutta la sua produzione”
Costo biglietto € 10,00
Claude Debussy (1862 – 1918),
Danse sacrée et Danse profane per arpa e archi
Laura Colombo, arpa
Daniele Rumi, Alessia Tocchetti, Alice Cansirro Cortorillo, Francesca Conte, violini
Ludovico Matteo Carangi, Alice Daverio, viole
Matilde Pesenti, Federica Rossi, violoncelli
Carlo Bavetta, contrabbasso
Claude Debussy (1862 – 1918),
Quartetto per archi in sol minore op.10
Animé et très décidé – Assez vif et bien rytmé – Andantino, doucement expressif – Très modéré, Très mouvementé
Daniele Rumi, Alice Cansirro Cortorillo, violini
Ludovico Matteo Carangi, viola
Matilde Pesenti, violoncello
Maurice Ravel (1875 – 1937),
Introduzione e Allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi
Laura Colombo, arpa
Giulia Alberani, flauto
Alessandro Cameroni, clarinetto
Daniele Rumi, Alice Cansirro Cortorillo, violini
Ludovico Matteo Carangi, viola
Note di sala
A cura di Daniele Rumi
Protagonisti di questo concerto sono Claude Debussy e Maurice Ravel, due grandi autori spesso considerati simili, quando in realtà presentano caratteristiche molto diverse. Entrambi vivono nella Francia di fine Ottocento e inizio Novecento, nel pieno della Belle Époque: periodo di prosperità economica, progresso tecnico-scientifico, ma soprattutto caratterizzato da un vivace fermento artistico culturale. Parigi diventa uno dei centri di creatività e di sviluppo delle arti, dove si ha la possibilità di esprimersi con forme e linguaggi innovativi. L’Esposizione Universale del 1889 fu l’apice di questo momento: è proprio in questa occasione che Debussy entra in contatto con l’arte orientale rimanendo affascinato dai suoi arabeschi, dalla polifonia così diversa e dagli strumenti particolari, come i gamelan giavanesi.
La ricerca di Debussy si concentra soprattutto sul timbro: egli cerca nuove sonorità partendo da presupposti diversi rispetto ai suoi predecessori. Il compositore sposta l’attenzione dell’ascoltatore su un piano differente: le macchie sonore che utilizza definiscono un istante legato all’estemporaneità che però non necessariamente si ricollega all’esternazione di un sentimento, come accade invece nell’espressionismo. La sua musica crea quindi un’impressione intima e coinvolgente, facendo evolvere in modo personale ed innovativo quegli esperimenti già abbozzati, ad esempio, da Wagner nel “Tristano” e fondendoli con il gusto più “nazionale” della complessità armonica di compositori francesi che già si muovevano in quella direzione come Fauré.
Per Ravel invece il fattore timbrico non è al primo posto poiché per lui conta soprattutto l’aspetto formale: la sua scrittura netta, precisa, luminosa e cristallina, suscita colori forti e accesi nella sua musica. Ravel, abilissimo orchestratore, tratta gli strumenti con un meticoloso senso strutturale che Debussy non possiede; le sue partiture sono grandi impalcature ben definite in cui nulla è lasciato al caso.
Claude Debussy (1862 – 1918), Danses per arpa cromatica e orchestra d’archi
Debussy inizia la stesura delle due danze – una sacra e una profana – nel 1904, nello stesso periodo in cui compone il suo capolavoro orchestrale La mer, in seguito agli incoraggiamenti ricevuti dalla casa di strumenti Pleyel che aveva lanciato sul mercato un nuovo modello di arpa: l’arpa cromatica. Essa si differenzia dalla classica arpa diatonica poiché non ha i pedali, ma una corda per ogni semitono. L’arpa cromatica ebbe un discreto successo iniziale, ma non riuscì ad imporsi e le due Danses vengono oggi convenzionalmente eseguite sull’arpa diatonica.
La modalità per Debussy è oggetto di interesse e l’inizio della Danse sacrée ne è un esempio: la modalità viene cercata per mezzo di un’assenza di tensioni e di una melodia che richiama un canto gregoriano. Nel corso di tutta la danza si alternano come dei responsori e dei salmodiati, e piano piano si elaborano le risposte sempre senza la necessità di risolvere tonalmente.
La seconda danza – Danse profane – inizia senza soluzione di continuità e si differenzia dalla prima per alcuni aspetti: l’inizio tonale, in contrapposizione con la modalità utilizzata precedentemente, e il ritmo, ben scandito e non più salmodiante. Il movimento di levare con cui inizia la seconda danza è il motore di tutto il brano, che infatti è più mosso, e lo agita per tutta la durata del pezzo.
Claude Debussy (1862 – 1918), Quartetto per archi in sol minore op. 10
Composto tra il 1892 e il 1893, il quartetto viene eseguito per la prima volta a Parigi il 29 dicembre dello stesso anno dal quartetto Ysaye, anche dedicatario del brano. Il quartetto si articola nei tradizionali quattro movimenti: un primo movimento, Animé et très décidé in forma-sonata; uno Scherzo, Assez vif et bien rythmé; un movimento lento e lirico, Andantino, doucement expressif; un finale energico, Très modéré – En animant peu à peu – Très mouvementé et avec passion. Tuttavia, all’interno di questo schema canonico, Debussy amplia le sonorità del quartetto d’archi con nuove tessiture, scale esotiche, accordi non convenzionali e una costante rielaborazione: i quattro movimenti sono infatti legati da un unico tema che, continuamente trasformato nel ritmo e nei modi, si alterna alla sua esposizione fondamentale in un suggestivo intreccio musicale.
Maurice Ravel (1875 – 1937), Introduzione e allegro
Se le Danses erano state scritte da Debussy per promuovere l’utilizzo dell’arpa cromatica, il settimino viene scritto da Ravel per la motivazione opposta. In quegli anni la casa musicale Érard cercava di promuovere le potenzialità e l’espressività dell’arpa diatonica, strumento di sua costruzione, cercando in tal modo di contrastare la nuova “concorrente” cromatica. È così che nel 1905 nasce l’Introduzione e allegro per arpa, flauto, clarinetto e quartetto d’archi.
Ravel tratta l’arpa come strumento solista e gli altri strumenti come se fossero una piccola orchestra. Dopo una breve Introduzione dalle affascinanti atmosfere sognanti, si passa subito all’Allegro introdotto da una cadenza dell’arpa. Nel brano non vi sono esposizioni di temi e successivi sviluppi come in una forma-sonata, ma soltanto un passaggio di motivi da uno strumento all’altro in un lavoro di grande raffinatezza, soprattutto nell’utilizzo molto efficace di giochi timbrici costruiti tramite curiosi raddoppi tra gli strumenti.
L’uso dell’arpa e del flauto sembrerebbero essere un omaggio a Debussy, la cui musica all’epoca era diventata assai nota soprattutto per il Prélude à l’après-midi d’un faune. In effetti nell’Introduzione e allegro si può riscontrare un rimando debussiano, ma sempre filtrato dalla raffinata personalità di Ravel.