Don Giovanni ossia il dissoluto punito
Don Giovanni ossia il dissoluto punito
Don Giovanni ossia il dissoluto punito
Don Giovanni ossia il dissoluto punito
Don Giovanni ossia il dissoluto punito
Don Giovanni ossia il dissoluto punito
Don Giovanni ossia il dissoluto punito

Don Giovanni ossia il dissoluto punito

Dramma giocoso in due atti KV 527. Musica di Wolfgang Amadeus Mozart. Libretto di Lorenzo da Ponte. Prima rappresentazione: Praga, Nationaltheater, 29 ottobre 1787

Don Giovanni Guido Dazzini
Il Commendatore Pietro Toscano
Donna Anna Elisa Verzier
Don Ottavio Didier Pieri
Donna Elvira Marianna Mappa
Leporello Adolfo Corrado
Masetto Francesco Samuele Venuti
Zerlina Gesua Gallifoco

Direttore Riccardo Bisatti
Regia Mario Martone
Ripresa da Raffaele Di Florio

Scene e Costumi Sergio Tramonti
Luci Pasquale Mari
Coreografie Anna Redi

Assistente alle scene Barbara Bessi
Assistente ai costumi Concetta Nappi
Assistente alle luci Gianni Bertoli

Maestro del coro Diego Maccagnola

Coro OperaLombardia
Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano

Coproduzione Teatri di OperaLombardia, Fondazione Teatro Regio di Parma, Fondazione I Teatri di Reggio Emilia

Allestimento Teatro di San Carlo di Napoli

Mario Martone mette in scena uno spettacolo che si protende verso la platea attraverso dei bracci che avvolgono l’orchestra e che è costituito da un solo elemento scenografico, una tribuna. È un teatro fluido e non schematizzato per immagini definite, nel tentativo di far arrivare musica e parole dritte all’inconscio degli spettatori. Travestimenti, luoghi oscuri e porte smarrite serpeggiano lungo la partitura. Il congegno narrativo di quest’opera è un labirinto, stranamente più simile a una sceneggiatura che a un canovaccio teatrale.

 

domenica, 25 settembre 2022 – ore 11.00
ASPETTANDO… DON GIOVANNI
Dialogano il Direttore Riccardo Bisatti e il regista Raffaele Di Florio

Ho avuto la visione della tribuna di questo Don Giovanni in una notte insonne. Un’apparizione improvvisa, generata da chissà quale gorgo psichico, qualcosa tra il teatro elisabettiano, una arena spagnola, degli scranni di tribunale: tutti i personaggi dell’opera di Mozart e Da Ponte schierati insieme, in una sintesi sincronica dell’insieme vitale che lo slancio di Don Giovanni fende, conquista e offende, tutti attori e spettatori allo stesso tempo. Nel sogno la tribuna progressivamente si svuotava, e venivano a galla la solitudine, l’apparizione del castigo e della morte, il crollo, e infine il senso di vuoto che avvolge l’ascoltatore nell’apparente lieto fine dell’opera. A quel sogno ho provato a restare fedele. Lo spettacolo si protende verso la platea attraverso dei bracci che avvolgono l’orchestra e che è costituito da un solo elemento scenografico (la tribuna), esattamente come nelle altre mie messe in scena delle opere della trilogia di Mozart e Da Ponte. Teatro fluido, dunque, e non schematizzato per immagini definite, nel tentativo di far arrivare musica e parole dritte all’inconscio degli spettatori. Del resto, se gli si volesse scattare una fotografia, Don Giovanni  verrebbe mosso: in quanto tempo si svolge l’azione dell’opera? Quanti anni ha? È giovane o è un uomo maturo? Domande a cui è impossibile dare una risposta certa. Travestimenti, luoghi oscuri e porte smarrite serpeggiano lungo la partitura. Il congegno narrativo di quest’opera è un labirinto, stranamente più simile a una sceneggiatura che a un canovaccio teatrale. Lo spettacolo che abbiamo creato prova ad assecondarne il mistero.

Mario Martone

Affrontare una partitura come il Don Giovanni del genio salisburghese è certamente una grande sfida e responsabilità.

Il Don Giovanni presenta una modernità di scrittura senza precedenti e si può definire una partitura polistilistica. Nei vari numeri musicali infatti si alternano momenti da opera seria, arie buffe e danze popolari. La grande scena delle maschere del finale primo è impressionante per la capacità di fondere tre danze contemporaneamente in un’architettura unitaria. Sono colpito da una caratteristica in particolare nella partitura, e cioè il forte contrasto musicale, dinamico e di orchestrazione nei diversi momenti dell’opera. L’esempio più lampante è già nell’ouverture, in cui gli accordi perentori riferiti al Commendatore (come saranno poi in Tosca quelli riferiti a Scarpia) fanno da contrasto con il mondo più spensierato, ma ombreggiato da scatti improvvisi, del molto allegro.

Fin da bambino sono sempre stato affascinato dall’inizio dell’opera, caratterizzato dalla morte del Commendatore, da cui poi, con un rilassamento graduale della tensione musicale, scaturisce tutta la vicenda. La morte del Commendatore è sottolineata in una scala cromatica dei legni, il cui disegno discendente anticipa lo sprofondamento di Don Giovanni alla fine dell’opera. Con riferimento alla figura del Commendatore mi impressiona la linea condotta per salti melodici con cui egli si rivolge a Don Giovanni prima della morte di quest’ultimo. Alcuni musicologi vi hanno visto un’anticipazione del procedimento dodecafonico, ma se anche questo non fosse stato l’intento, questa tecnica testimonia la grande modernità di un compositore che scrisse alla fine del ‘700 già proiettato secoli avanti. Come sempre Mozart è un mago dell’orchestra, ma nel Don Giovanni scatena tutto il suo genio: l’uso dei tromboni legati all’apparizione ultraterrena del Commendatore, il mandolino per la serenata di Don Giovanni e l’uso sapiente di mescolanze di timbri diversi in base alla situazione e alle relazioni tra i personaggi. Nell’allestimento che presentiamo vengono inserite le due arie che Mozart scrisse per la ripresa viennese: “Dalla sua pace” di Don Ottavio e “Mi tradì quell’alma ingrata” di Donna Elvira.

Riccardo Bisatti

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